Temi legali
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Gli istituti della separazione e divorzio all'estero: legge applicabile e procedura
Abstract Le condizioni del matrimonio celebrato all'estero e il consenso. Validità della trascrizione. Limiti dell'ordine pubblico. Gli effetti della crisi coniugale e la consensualità dinanzi al pubblico ufficiale.
Le condizioni del matrimonio celebrato all’estero
Il matrimonio celebrato all’estero da cittadino italiano è immediatamente valido e rilevante nel nostro ordinamento. I requisiti sono i medesimi previsti dall’ordinamento italiano e, dunque, in primis la volontà dei coniugi, libera e incondizionata, di unirsi in matrimonio espressa dinanzi a un pubblico ufficiale. Sul punto, una sentenza della Cassazione del 2016 (n. 1543) ha confermato che il consenso matrimoniale può essere espresso in modo consapevole da parte dei nubendi e, quindi, non può essere ritenuto contrario all’ordine pubblico italiano solo perché manifestato in una forma diversa da quella prevista dal nostro ordinamento. Ciò che rileva, infatti, è un consenso pieno, libero e incondizionato che connota quell’atto come matrimonio e non una diversa forma. Lo stesso art.28 della L.218/1995 considera il matrimonio valido, quanto alla forma, se è tale per la legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento. La norma ammette, alternativamente, tre criteri di collegamento, ispirandosi al favor validitatis.; pertanto, è sufficiente che sussista uno dei criteri indicati per ritenere l’atto valido. La circolare del Ministero dell’Interno n. 25 del 13.10.2011 ritiene trascrivibile l’atto di matrimonio, quando la trascrizione sia richiesta da entrambi i coniugi, anche se non risulti espressamente la volontarietà dell’atto, magari perché, secondo le tradizioni di quel Paese, è sufficiente una dichiarazione unilaterale di uno degli sposi.
Altro requisito fondamentale è la libertà di stato che, per la trascrizione di matrimoni provenienti da alcuni Paesi, può mettere in difficoltà il pubblico ufficiale, come, ad esempio, nel caso della lex loci che ammetta la poligamia. O ancora il matrimonio contratto da minore di anni 16 o in vincoli di parentela non dispensabili, certamente contrati all’ordine pubblico.
Ciò detto, va fatta una distinzione tra matrimonio celebrato all’estero, come sopra e matrimonio “consolare” o celebrato in un consolato straniero in Italia, il quale non può essere considerato come un matrimonio celebrato all’estero e non è considerato valido per il nostro ordinamento: non può essere trascritto nei registri di stato civile né può essere registrato in anagrafe. In tale caso, infatti, il matrimonio è nullo in quanto celebrato in violazione del principio della sovranità territoriale (Massimario 2005, confermato integralmente nel Massimario 2009). Se così non fosse, un cittadino italiano potrebbe contrarre matrimonio senza osservare requisiti e limiti del nostro ordinamento. Tali disposizioni sono, infatti, considerate norme di applicazione necessaria (art.17 L.218).
Gli effetti della crisi coniugale all’estero. Legge applicabile e procedura
Secondo l’art.12 del D.L. 132/2014, convertito nella L.162/2014, i coniugi possono concludere, innanzi al Sindaco nella veste di ufficiale dello stato civile del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio, un accordo di separazione personale ovvero di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Queste disposizioni non possono applicarsi nel caso di presenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o figli economicamente non autosufficienti. Nemmeno si applica in presenza di accordi che contengano trasferimenti immobiliari o mobiliari oppure disposizioni patrimoniali, quali l’assegno di mantenimento o l’uso della casa coniugale.
Ma cosa succede nel caso che i coniugi cittadini o un coniuge cittadino e l’altro straniero, residenti all’estero, volessero divorziare? Anzitutto, va detto che in alcuni Stati è possibile ottenere il divorzio senza separarsi. Per ottenere il divorzio all'estero servono due requisiti: consenso dei coniugi e residenza provvisoria di uno dei coniugi nel Paese estero, dove si richiede il divorzio. Il divorzio immediato, cioè senza separazione, per il nostro ordinamento viene riconosciuto solo in casi particolari, come quando viene accertato il compimento di reati particolarmente gravi a carico di uno dei coniugi, oppure se il coniuge ottiene all’estero l’annullamento o lo scioglimento del proprio matrimonio o se contrae all’estero un nuovo matrimonio; o, infine, quando il matrimonio non è stato consumato (a prescindere dalle ragioni) o nel caso in cui sia passata in giudicato la sentenza di rettificazione di attribuzione del sesso. In secondo luogo, né la normativa italiana di d.i.p, né il D.L. 32/2014 prevedono l’intervento del Console italiano all’estero, in qualità di pubblico ufficiale, ai fini della pronunzia di separazione e/o divorzi. Ciò significa che l’istanza deve essere presentata dinanzi all’Autorità competente in Italia (tribunale ordinario o Sindaco).
Dunque, la legge 218/1995 all’art.31, nel prevedere che la separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge designata dal regolamento n. 2010/1259/UE del Consiglio del 20 dicembre 2010 relativo ad una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, e successive modificazioni, determina come legge applicabile la legge nazionale comune ai due nel momento in cui viene presentata la domanda di separazione o la legge in vigore nel luogo in cui si è svolta prevalentemente la loro vita matrimoniale, che può essere anche uno Stato estero. Il successivo art.32 regola, invece, il caso in cui solo uno dei coniugi sia cittadino italiano o il matrimonio sia stato celebrato in Italia per cui la giurisdizione è del giudice italiano.